Vorrei cominciare questo articolo raccontando una storia che deriva dalla mitologia greca. Per capire dove voglio arrivare, leggila attentamente

Procuste era un brigante che offriva ospitalità a tutti i viandanti che si trovavano a transitare nei pressi della sua dimora.

Dopo aver offerto loro una cena generosa li faceva riposare su un letto.

E fin qui tutto ok. Nulla di strano. Anzi, molto ospitale questo Procuste.

Ma come spesso accade, per un servizio offerto, c’è un prezzo da pagare.

Procuste riteneva che il suo letto fosse perfettamente conforme alla struttura del viandante: e poiché non poteva cambiare le dimensioni del letto, egli cambiava quelle del viandante che vi si stendeva per riposarsi. La vittima quindi veniva stirata fino alla lunghezza desiderata se troppo corta rispetto al letto, o al contrario, amputata se sporgeva.

Bene, secondo te, dove vorrei portarti con questa macabra storia?

Prova a pensare a quella volte in cui ci si mette a dieta per riuscire ad entrare in quel paio di jeans di una taglia in meno, a quelle volte in cui si mette la carta dentro alle scarpe di un numero in più (a me è capitato. Erano talmente belle e talmente in saldo da essere l’ultimo numero. Che guarda caso non era il mio). Oppure quelle volte in cui ci si mette la maglia a maniche lunghe anche con 40 gradi per nascondere i tatuaggi sul lavoro ( no questa no, non mi è mai successo)

Insomma, ci capita spesso di adattarci, ad una situazione, ad un contesto, ad una relazione.

Procuste rappresenta l’omologazione, l’uniformità. Una sorta di giudice che misura l’adeguatezza. Il letto invece rappresenta uno standard. Quello che spesso viene chiamato: normalità. Il viandante simboleggia il tentativo di ogni essere umano di omologarsi ad un modello, o di cambiare sé stesso per conformarsi ad una circostanza, o adattarsi ad una situazione che non fa per lui. Rappresenta anche la pressione della società all’uniformità.

Ogni volta che reprimiamo parti di noi, desideri e bisogni perché li reputiamo non normali, o fuori standard, siamo vittime di Procuste. Ogni volta che cerchiamo di adattarci ad una relazione che ci fa stare male o ad un partner, pur di non rimanere soli, siamo vittime di Procuste. Ma questo mito greco, ci deve far ricordare di quanto sia alto il prezzo da pagare. Nel mito è la morte del corpo. Nella vita reale, è la morte del sé. È la morte dell’individualità.

Altre volte invece ci troviamo nei panni di Procuste. Succede ogni volta che cerchiamo di cambiare qualcuno per uniformarlo al nostro standard, a quello che reputiamo giusto.

Ogni persona quindi può essere a volte il viandante, altre volte Procuste. A volte la vittima, altre il carnefice. È solo attraverso la consapevolezza che la normalità non esiste e che gli standard sono dimensioni irrealistiche, che possiamo non essere né l’uno, né l’altro. Ma magari, possiamo essere Teseo.

Ah giusto, Teseo è colui che uccise Procuste. Teseo è l’eroe civilizzatore.